Cosa mi fa sorridere della Romania

“Chiara, avremmo piacere ad averti in
Romania…”, così mi ha detto Maurizio quando mi ha chiamata dopo le selezioni
per il servizio civile. Lì per lì mi sono detta:

“…Romania….vicino alla
Bulgaria?…meglio che guardi sull’atlante…Romania D5….bhè ha la forma di un
pesce…”.



Ecco tutto quello che sapevo quando sono partita per questa
terra così vicina e così lontana a noi.


La prima cosa che mi ha colpito
di Bucarest (perchè è lì che svolgo il mio servizio!!) sono stati i contrasti:
la frenesia di case e palazzi in stili diversi, lusso e povertà, tutto
rimescolato come se la città si fosse edificata precipitosamente. E ora, anche
se di sensazione ne ho tante, questa è quella più radicata in me, quella che
dovunque vada non mi abbandona mai.

Ieri mi hanno chiesto cosa mi facesse
sorridere della Romania
. Mi si è stagliata davanti agli occhi un’immagine
dei primi giorni: due “tzigani” che con il loro carretto, trainato da un
asino, girano per le strade di Bucarest e gridano “fier ve, fier rot”,
ferro vecchio, ferro rotto. Ogni giorno, e più di una volta al giorno sotto casa
o sotto l’ufficio o per strada, incontri questi buffi personaggi, vestiti con i
colori più variopinti, che raccolgono il ferro. Il loro grido è come una
cantilena, e per qualche minuto mi estraneo, ascolto questa specie di litania e
mi rilasso. Se posso, mi affaccio alla finestra e li osservo: gli uomini con i
loro baffoni e i loro visi duri e scuri e le donne con i capelli neri raccolti
in una coda e le loro gonne larghe e lunghe. A volte rido a pensare che in
Italia una gonna così farebbe tendenza, qui invece è di cattivo gusto, è il
simbolo di riconoscimento degli tzigani.
Eh sì, nonostante io sorrida tutte
le volte che li vedo, il rapporto tra rumeni e zigani non è dei migliori, c’è
sempre una sorta di guerra fredda tra loro….ma non voglio parlare di questo,
solo delle cose che mi fanno sorridere e che mi piacciono


I rumeni sono
un popolo molto ospitale
. Ci vuole un po’ per conquistare la loro fiducia ma
appena riesci ad entrare nel loro mondo ti ricoprono di gentilezze e ti ritrovi
intorno ad una tavola imbandita di ogni ben di Dio; e guai a non mangiare, li
offendi!!!!


Per quanto tutti non la sopportino, per me la cosa più buona di
tutti questi mesi è stata la ciorba, una specie di minestra acida di
verdure fatta con il borsch, un liquido acido che si ottiene dall’essicazione di
un ramo di ciliegio. Che ridere quando Nicusor voleva darmene una bottiglia da
portare a casa in Italia!!! “Nicuscor ho troppi bagagli e poi non so cucinarla”,
“Ti insegno io” mi ha detto. “La prossima volta, ok? A gennaio mi insegni”. A
malincuore e anche un po’ offeso si è rassegnato.

I rumeni sono così,
difficili da conquistare ma una volta che entri nel loro “giro” non ti lasciano
più andare!!! Vi racconto un’ultima immagine tra le tante che affollano la
mente: un ragazzo di Sf. Macrina, il centro di transito per ragazzi di
strada
, dove prestiamo servizio.

Vali ha più o meno 20 anni, capelli
castano chiari un po’ ricci. Passa le sue ore al centro, a guardare la
televisione, il suo canale preferito è Mtv. Da quando era bambino assume
Aurolac, una droga fatta di colla e solvente che attenua fame e freddo, ma
brucia anche le cellule cerebrali. Vali, credo non riesca più a distinguere la
destra dalla sinistra, quando gli parli ti sorride e chissà cosa recepisce di
quello che gli dici. L’unica frase che ti sa dire è “nu stiu“, non so.
Qualsiasi cosa tu gli chieda non capisce.

Ti sorride con lo sguardo un po’
assente e poi continua guardare la tele. Vado al centro da 5 mesi e non son mai
riuscita a coinvolgerlo nelle attività che svolgiamo con i ragazzi. Un giorno
eravamo seduti l’uno di fronte all’altro, ho preso un gioco e sapendo già la
risposta gli ho chiesto: “Vali, giochiamo?”, “…..Sì….”. Non credevo a quello
che sentivo. Mai si era azzardato a giocare con noi. Ho iniziato a spiegargli il
gioco e lui sorrideva con quello sguardo perso nel vuoto. Io ridevo a mia volta,
un po’ perchè non capiva che doveva girare due carte e un po’ dalla gioia. Il
tutto sarà durato un quarto d’ora e alla mia nuova domanda: “Vuoi giocare
ancora?”, lui mi ha risposto no. Ma non importava, ero riuscita ad instaurare
una relazione con lui.

La sera ero tornata a casa e l’avevo raccontato a
Chiara: “Davvero?”, anche lei era incredula!! Quella è stata l’unica volta che
sono riuscita a fare un banalissimo gioco con lui e quel ricordo lo custodisco
nel mio cuore gelosamente, quel suo sorriso, quei suoi capelli castani e quel
suo…..”Da”….!!!






Chiara Sarasini,
volontaria
in servizio civile in Romania

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